La drepanocitosi è una malattia genetica del sangue, chiamata anche “anemia falciforme” per via della forma, appunto, a forma di falce che assumono i globuli rossi. Il 19 giugno è la data in cui, ogni anno, si celebra la Giornata mondiale della drepanocitosi, una patologia ereditaria e non contagiosa, ma che è presente sin dalla nascita.

Tra i suoi effetti principali c’è l’aumento della viscosità ematica, la riduzione della quantità di ossigeno disponibile per i tessuti e la formazione di fenomeni vaso-occlusivi. È provocata da una mutazione del gene che dirige la cosiddetta “sintesi di emoglobina”, la proteina del sangue che cattura l’ossigeno dai polmoni e lo trasporta ai vari tessuti e, allo stesso modo, raccoglie parte dell’anidride carbonica per riportarla ai polmoni da cui viene eliminata.

In attesa che entro i prossimi cinque anni vengano immessi sul mercato i nuovi farmaci al momento ancora in fase di sperimentazione, ad oggi l’unica terapia che consente alle persone affette da drepanocitosi di sopravvivere e avere un’ottima qualità di vita consiste nelle trasfusioni di sangue: «Proprio per questo dobbiamo dire grazie ai donatori e alla loro scelta volontaria che ci permette di essere qui, di curarci e di poter avere una vita alla pari di chi non ha problemi di salute».

L’attività dei donatori è fondamentale per le persone affette da drepanocitosi. «Sapere che c’è sangue sempre disponibile per noi non ha prezzo – racconta una paziente – basti pensare che solo per garantire le trasfusioni di cui ho bisogno io ogni tre settimane servono circa 60 persone ogni anno. Tutto questo avviene solo grazie alla collaborazione che AVIS e le altre associazioni ci offrono per coordinare al meglio le attività nei vari centri trasfusionali».

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